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CHI SIAMO
Storia dell’Ordo Virginum

Prima del Concilio Vaticano II si conosceva la vita consacrata nelle due forme: vita religiosa (frati, suore, monache) e istituti secolari (laici e laiche consacrate). Fu lo spirito del Concilio, caratterizzato dalla ricerca delle sorgenti della Chiesa, a dare frutti nuovi anche nell’ambito della vita consacrata, ripristinando per gli uomini il Diaconato Permanente e per le donne l’Ordine delle Vergini. Papa Paolo VI promulgò il 31/5/1970 il Rito della Consacrazione delle Vergini inserito nel Pontificale Romano rivalutando il bellissimo Rito con l’antica preghiera consacratoria attribuita a S. Leone Magno (IV sec.) che disponeva potessero essere ammesse a questa consacrazione anche donne che intendevano vivere nel mondo il dono totale di sé a Cristo, al di fuori di ogni appartenenza a strutture di vita religiosa (cfr. Sacrosanctum Concilium n. 80) Il Concilio Vaticano II richiamando questa prima forma di vita consacrata, non ha voluto creare difficoltà o concorrenza alle altre forme di consacrazione ma solo richiamarne l’origine e ravvisarne la ricchezza e la fecondità.

Riferimenti storici circa la verginità.

La verginità come valore umano e contemporaneamente anche soprannaturale nasce col Nuovo Testamento; un valore delicato perché tocca la sfera dell’amore e il mistero della vita. Il Catechismo della Chiesa Cattolica in tre articoli (922-924) cita questa forma di vita consacrata, ricordandone appunto l’origine apostolica, mentre l’Esortazione Apostolica “Vita Consecrata” al n° 7 esprime gioia e speranza nel vedere rifiorire l’antico Ordine delle Vergini. Nella verginità la persona non sceglie di amare una persona ma ama le persone che Dio ha scelto per lei e sono tutte quelle che incontra nella vita. Anche gli scritti dei Padri della Chiesa, d’oriente e d’occidente, testimoniano e descrivono la verginità rivolgendosi alle vergini da essi consacrate, per illuminarle sul loro stato ed esortarle a vivere secondo uno stile degno del dono ricevuto, vedendo in Maria il prototipo delle vergini cristiane ed evidenziando la novità dello stato di vita a cui si accedeva, non per una imposizione ma per una libera scelta di amore.

Dove fonda il carisma dell’ Ordo Virginum?

Il carisma dell’Ordo Virginum ha le sue radici nei primi quattro secoli del Cristianesimo. Le figure delle prime vergini cristiane menzionate nel Canone Romano, S. Agata a Catania, S. Lucia a Siracusa, S. Agnese e S. Cecilia a Roma, S. Cristina a Bolsena, sono figure uniche di donne coltivate dallo Spirito che tanta ammirazione hanno suscitato lì dove sono vissute e riaffiorano tutt’oggi come immagini di una realtà di vita cristiana in cui ci si vuole riconoscere. 2 È dal IV sec., quando la chiesa comincia ad istituzionalizzarsi, che troviamo tracce di un Rito di Consacrazione.

Documenti specifici a cui far riferimento.

Il testo del Rito di Consacrazione è il documento fondamentale ed esauriente per conoscere la fisionomia dell’Ordo Virginum dove si dice: “Possono ricevere la consacrazione pubblica con solenne rito liturgico quelle donne che non siano mai state sposate né abbiano mai vissuto pubblicamente in uno stato contrario alla castità” (Premesse alla Consacrazione n. 5 contenute nel Pontificale Romano). Nel 1983 il nuovo Codice di Diritto Canonico sancì la realtà di questa nuova forma di vita consacrata col can. 604 e i Vescovi cominciarono a prenderne atto in particolare lì dove furono sollecitati da donne che desideravano ricevere la consacrazione. È rinato in tal modo nella Chiesa l’Ordo Virginum. L’espressione oggi non è più sconosciuta negli ambiti ecclesiali.

Come si sviluppano le relazioni tra le donne consacrate col Rito della Consacratio Virginum?

Dal 1988 le prime consacrate provenienti dalle regioni di tutta Italia hanno sentito il bisogno di incontrarsi in convegni con scadenza annuale, che hanno favorito la reciproca conoscenza e ad un tempo hanno rappresentato momenti di approfondimento del carisma attraverso relazioni e dibattiti. Rimane indimenticabile l’apporto ricevuto dal Padre Pelagio Visentin agli inizi della storia dell’ O. V., subito dopo il Concilio. Nel 1995 è stato ricordato a Roma il 25° anniversario del ripristino del Rito con un convegno internazionale e un’udienza del Papa nel corso della quale Giovanni Paolo II ha rivolto un suo specifico discorso a questa “antica e nuova” realtà di vita consacrata. Da allora il cammino dell’ O. V. in Italia è proseguito convergendo verso la realizzazione di un “gruppo per il collegamento” e la richiesta al Segretario della C.E.I. (che allora era Mons. E. Antonelli) di un “referente” da cui essere rappresentate nel dialogo presso la Conferenza Episcopale Italiana nella persona, prima, di Mons. Renzo Bonetti, “fratello” esigente proprio perché appassionato dell’autenticità dell’ O.V. e attualmente da Mons. Luigi Conti Arcivescovo di Fermo e Presidente della Conferenza Episcopale Marchigiana.

Quale compito ha il gruppo di collegamento?

Tale “gruppo” è stato definito dal Segretario della C.E.I. come “luogo di incontro delle vergini consacrate con la C.E.I.”, ha il compito di informare adeguatamente circa la forma di consacrazione e avviare un minimo di collegamento tra vergini consacrate, assicurando l’annuale incontro e il bollettino quadrimestrale senza compromettere la 3 caratteristica personale del carisma di ogni consacrata in quanto la vocazione è personale ed ognuna ha la sua storia.

L’ Ordo Virginum è un istituto?

L’ Ordo Virginum non è un istituto, nemmeno un’associazione, ma mediante semplici modalità ci si tiene in collegamento; questo impegno può essere condiviso anche dalle persone che stanno facendo il cammino di formazione verso la consacrazione e dalle persone interessate a conoscere questa vocazione nelle diverse diocesi. Siamo legate tra consacrate ma non siamo in alcun modo una comunità: siamo una “comunione”, credo che questa sia la parola che meglio ci definisce. Alcune risiedono nella famiglia d’origine, altre in ambienti ecclesiali, altre vivono sole, tutte inserite pienamente nella comunità ecclesiale e facendo riferimento al Vescovo non a dei superiori come avviene negli istituti o nella vita religiosa. Condividono la precarietà della donna moderna mantenendosi con il loro lavoro.

Il rapporto con il Vescovo

La sollecitudine pastorale nei confronti delle vergini consacrate e di coloro che aspirano a ricevere la Consecratio Virginum è parte del ministero ordinario del Vescovo diocesano. Come pastore di una determinata porzione del Popolo di Dio, infatti, egli è chiamato a favorire in essa il riconoscimento e l’esplicitarsi di tutti i carismi e le vocazioni (Diritto Canonico can. 385). L’accoglienza di questa vocazione all’interno della Chiesa particolare impegna il Vescovo a far crescere la realtà dell’Ordo Virginum nel contesto della Diocesi e a formulare, con le persone coinvolte, alcune indicazioni per il cammino formativo. Ammettendo una donna alla Consecratio Virginum, egli la presenta alla comunità come segno della Chiesa Sposa di Cristo. In tutte le fasi del cammino il rapporto con il Vescovo è un elemento qualificante di questa forma di vita consacrata. È importante che la vergine consacrata e il Vescovo curino di mantenere nel tempo uno spazio di incontro e di confronto nel quale ciascuna venga accompagnata dal ministero del Vescovo a far proprio uno stile di vita che manifesti in modo personale il dono ricevuto.

La figura del delegato del Vescovo

Per meglio seguire l’esperienza dell’Ordo Virginum il Vescovo diocesano può nominare un proprio delegato. Nel dialogo con le vergini consacrate e le persone in formazione egli rappresenta il Vescovo e si fa garante del costante contatto con lui, favorendo l’ecclesialità e la diocesanità dell’Ordo e del cammino di ognuna in esso. Svolge il suo servizio orientando l’elaborazione dei cammini formativi personali, anche attraverso la promozione di momenti comuni. 4 Aiuta e sviluppa la valorizzazione dei doni particolari e la comunione di tutte in ciò che è proprio dell’Ordo Virginum, favorendo l’accoglienza delle diversità e incoraggiando il senso di corresponsabilità. Si preoccupa di conoscere personalmente le consacrande e le consacrate, ne segue il cammino senza istituire una relazione di direzione o accompagnamento spirituale. Aiuta il Vescovo ad assumere le necessarie informazioni in vista del discernimento per l’ammissione alla Consacrazione.

Qual è l’identità dell’O.V. rispetto agli istituti secolari?

Innanzitutto si tratta di giovani donne attratte da questa forma di consacrazione, con sacerdoti che le guidano spiritualmente e vescovi destinati a farne il discernimento finale, celebrare il Rito e custodire la loro vocazione. La fisionomia con cui si presenta la consacrata dell’O.V. normalmente è quella di tutte le donne del suo tempo e del suo ambiente. Appare simile agli istituti secolari, ma la vergine consacrata è inserita nel mondo in un modo diverso. I membri degli istituti secolari infatti vivono nel mondo ma la loro presenza è nascosta, spesso sconosciuta, vivono nel mondo per esservi lievito e fermento dal di dentro, per santificare le realtà temporali. Tale secolarità non appartiene al nucleo della Consacrazione delle Vergini perché la loro testimonianza è personale ma pubblica, come esprime il Rito che la Chiesa le ha riservato.

E rispetto alla vita religiosa?

Anche rispetto alla vita religiosa l’O.V. è una forma diversa, una forma in cui si segue il Signore con libertà: “casta libertas” è l’espressione della prece consacratoria, senza apporti esteriori e ricercare tanti segni affinché emerga di più il “segno” che è la nostra stessa vita. La vergine consacrata non è a servizio di una missione specifica come le singole famiglie religiose ma è aperta a tutte le realtà immergendosi nella Chiesa per avere la pienezza della vita.

Cosa significa il termine “Ordo”?

Per configurare questa forma di consacrazione occorre, come già detto, riandare alle origini della vita cristiana, quando le vergini si qualificarono come “categoria” o “ordo” (termine latino) del popolo di Dio, accanto a quella dei Diaconi, dei Presbiteri, dei Vescovi, germogliata dal “consiglio evangelico” della verginità. La vergine consacrata cammina insieme a tutto il popolo di Dio ed ha in esso il suo posto e la sua fisionomia. Anche nel diritto civile ritroviamo il concetto e il termine di “odine” per designare tutti coloro che hanno in comune uno stato di vita o una professione, ad esempio l’ordine degli avvocati o l’ordine dei medici. Nel nostro caso si tratta di quelle vergini consacrate che hanno in comune non una consacrazione generica, ma quella secondo l’antico Rito. 5

Caratteristiche dell’Ordo Virginum:

1- la sponsalità che qualifica il rapporto della vergine consacrata con Cristo e diventa la via per la piena realizzazione del suo essere donna. “Le risorse personali della femminilità non sono certamente minori della mascolinità, ma sono solamente diverse. La donna, dunque, deve intendere la sua realizzazione come persona, la sua dignità e vocazione sulla base di queste risorse, secondo la ricchezza della femminilità che ella ricevette nel giorno della creazione e che eredita come espressione a lei peculiare dell’immagine e somiglianza di Dio” (Mulieris Dignitatem n° 10). 2- il riferimento diretto alla Chiesa, non ha alle origini la figura carismatica di fondatori o fondatrici a cui guardare. Ha come sorgente e immagine unicamente la Chiesa con il Vangelo, il Magistero e la sua stupenda Spiritualità. La Chiesa è la madre di questa vita consacrata dove la consacrata trova tutte le risorse per un cammino serio di santità senza la mediazione di altri carismi particolari. 3- la dimensione della diocesanità dove la consacrata si alimenta ed esprime il suo vivere, avendo il Vescovo come referente e la Chiesa locale come propria famiglia che la reggerà, la correggerà, e la sorreggerà. Sarà il suo specchio oggettivo, non ci si può correggere da sole, si deve rispondere a qualcuno: al Vescovo in primis e anche alle persone con le quali la consacrata vive e ha a che fare. Serve anche questo ad essere fedeli alla promessa, che non è qualcosa che la consacrata si è scelta. Resta comunque lo spazio per sperimentare la solitudine. 4- in una normale condizione di vita: la responsabilità personale del proprio cammino, una responsabilità capace di tenere alto l’impegno che caratterizza la vita cristiana: volersi totalmente per Dio, attraverso il servizio ai fratelli, nella fedeltà alla Chiesa. Un cammino concordato inizialmente con il Vescovo ma portato avanti in autonomia e fedeltà che maturano la persona, lasciando al suo impegno e alla sua coscienza la formazione a una vera vita spirituale.

La formazione.

La formazione iniziale comporta quanto meno contatti con persone che conoscono bene la realtà dell’O.V. e l’avvalersi di quanto la propria Chiesa offre per la crescita umana e spirituale della persona, appropriandosi dell’Itinerario della Iniziazione Cristiana come forma tipica al crescere della fede, nonché il favorire quelle relazioni umane attraverso le quali si impara a vivere nella reciprocità. Le condizioni di vita e le tendenze spirituali delle vergini consacrate sono in genere molto diverse. Non si tratta di stampigliare una forma identica, ma di preoccuparsi che esistano le qualità che consentano di perseverare in una devozione evangelica anche senza aiuti istituzionali, attitudini anche umane di buon senso, di equilibrio che facciano ragionevolmente prevedere che non ci sarà un “tran tran” qualunque di vita ma un cammino vero e proprio di santità. 

Il carisma qual è?

L’O.V. è una forma di vita che esalta il carisma della singola donna in quanto “persona”, per cui non può essere identificato con una singola consacrata né può essere ridotto ad una sola modalità di realizzazione. Le tante donne che scelgono questa vocazione la vivono in modi diversi non per contrapporsi, o differenziarsi ma per desiderio di essere fedeli a se stesse sperimentando la propria originalità personale come dono di Dio per i fratelli. Se per alcuni versi il cammino personale è esaltante, per altri è più duro. Soprattutto viene sottolineata la solitudine in cui la vergine consacrata va incontro. Allora si tratterà di valorizzare la solitudine al punto di farla diventare dono di sé più profondo; come Gesù Cristo che era solo. Solo con Dio. Incompreso. Solo, per essere di tutti. Come Maria. Sola con Dio. Incompresa, in mezzo ad un mondo così diverso da quello che Lei sentiva, per poi essere immersa nella missione del suo Figlio seguendolo sulle vie dell’annuncio del Vangelo. Proprio perché è un pregio dell’O.V. il mancare di strutture, sicurezze e garanzie istituzionali, occorre un cammino fortemente radicato nello Spirito per non degenerare. La vita della vergine cristiana deve essere nutrita proprio dalle virtù teologali, FedeSperanza-Carità, il mondo ne ha tanto bisogno, in particolare della speranza che dà fiducia, dà sguardo sereno e soprannaturale sulle cose.

Come la vita consacrata in genere, c’è una regola di vita?

Non c’è alcuna norma che esiga la formulazione di una “regola di vita” da parte della vergine consacrata. Tuttavia risulta essenziale, per garantirne anche nel tempo, l’impegno che ciascuna intende potare avanti sia nel proprio rapporto con Cristo Sposo che in quello con la Chiesa . Come regola di vita personale si intende porre in iscritto, con l’aiuto del padre spirituale, il modo in cui ciascuna vuol concretizzare il sì detto a Cristo e come vuol vivere la nuova condizione di vergine consacrata. Non si tratta di definire orari o quantificare impegni, come si vede nelle regole della vita religiosa, ma di mettere in risalto la dimensione personale della nostra chiamata, il nostro amore per la Chiesa, che cosa della Chiesa ci attira, come vogliamo amare questa Chiesa, il nostro compito in essa, il resto è lasciato allo scorrere della vita con i suoi doveri e con le circostanze che colgono di sorpresa. La “regola di vita” va sottoposta al Vescovo come gesto di affidamento, non per entrare sotto tutela ma per essere garantite che quel che si vuole è davvero e solo la volontà di Dio. La regola di vita non si contrappone alle linee che la Diocesi può darsi.

La missione

Queste donne giovani o più mature prima di essere consacrate sottopongono al Vescovo il modo personale e specifico con cui intendono vivere tale chiamata. La più autentica missione per tutti è la santità, servizio principale e primario è certamente la stessa consacrazione a Dio fatta alla sua lode e per la salvezza del mondo “chiamate non a fare ma ad essere”, ciascuna comunica quello che è. Quindi, diventano molteplici le modalità di servizio finora accolte: condivisione con gli ultimi, attività professionali o pastorali svolte a tempo pieno oppure situazioni di tempo parziale tra l’impiego professionale e pastorale, servizio di preghiera cercando di uniformare continuamente la propria vita alla volontà salvifica di Dio manifestata attraverso il Vescovo, sottoponendo a lui le decisioni più importanti.

In quale luogo avviene la consacrazione?

Luogo privilegiato è la Cattedrale da cui diparte tutta la vita spirituale della Diocesi, in essa specialmente si ha la manifestazione della Chiesa locale quando il Vescovo stesso presiede l’Eucaristia. Il celebrare il Rito in Cattedrale da parte del Vescovo risponde ad un criterio teologico: nel Rito della Consacrazione, il Vescovo è simbolo di Cristo sposo mentre la vergine consacrata segno della Chiesa sposa di Cristo, che viene dedicata al servizio della Diocesi. Attraverso il rito liturgico le vergini entrano a far parte del popolo di Dio ad un nuovo titolo: esse sono le consacrate accanto ai ministri e ai laici. Per questo è auspicabile che la Chiesa locale venga preparata all’evento e vi partecipi intensamente, mentre due donne, particolarmente indicate, saranno a fianco della vergine durante la celebrazione.

Pubblicamente cosa si professa?

La consacrazione è preceduta “dal santo proposito di seguire Cristo più da vicino” e qui vi è l’impegno alla sequela radicale di Cristo. Il “proposito” riguarda solo la castità, ed è una pubblica e solenne dichiarazione di offrirsi a Dio “con cuore indiviso” (LG. 42) rivolta al Vescovo, non per dipendere da lui ma come segno di appartenenza alla Chiesa di Dio, il quale come Padre e Pastore del suo gregge la presenta al Signore. In senso strettamente giuridico non è un voto ma ha la stessa dignità (chiamiamolo: promessa o impegno, voto o proposito). Il “santo proposito” è da considerarsi un vincolo sacro come la Chiesa esige per ogni forma di vita consacrata. La caratteristica dell’ O.V. è essere della Chiesa e nella Chiesa, essere vergini con le lampade accese in mezzo al mondo, per essere luce e sempre pronte a rispondere a Gesù. 8

Oltre al segno della propria vita, la liturgia di consacrazione prevede altro?

Il rito prevede la consegna di due“segni” che esprimono il nuovo stato di consacrata. Come simbolo nuziale si usa l’anello che figura per la prima volta nel Pontificale Romano-Germanico verso l’anno 950 e la consegna del Libro della Preghiera della Chiesa, un uso noto nel sec. xv e ancor oggi attuale se, stando al Concilio, la Liturgia delle Ore deve diventare la preghiera di ogni cristiano, per pregare in nome della Chiesa servendosi della Preghiera della Chiesa. Una preghiera sponsale ed ecclesiale i cui cardini sono la Bibbia, vista come il libro dello sposo, l’Eucaristia “sacramento nuziale”, la Liturgia delle Ore “voce della sposa allo sposo”.

Come nasce la chiamata?

Dentro ad un tessuto vivo di Chiesa, la parrocchia, che ci propone di lavorare intensamente, pregando bene, che ci aiuta a maturare una consapevolezza che non è immediata ma che in po’ alla volta ti rendi conto dell’ “intuizione ricevuta”. È come il fidanzamento: lo realizzi strada facendo. Magari all’inizio neanche ti rendi conto di cosa stai vivendo. È qualcosa che costruisci, non lo trovi già lì pronto: è necessaria la fatica, la gioia, l’impegno di tutta la persona. Il Signore man mano che si fa conoscere a te, attraverso le cose che fai, ti sollecita nella tua generosità: più ti dai agli altri più sei contenta, ti fa capire che non ha bisogno di te perché gli servono due braccia, ma perché ti vuole bene. Scopri che sei amata e il rapporto con il Signore cresce. Senti la vocazione di condividere con gli altri uomini e donne l’ “ordinarietà della vita”, ad amare il Signore mischiata a tutti gli altri, senza qualcosa che ti distingua da loro. Quello che fa la differenza sarà il modo di comportarti, di essere ed agire nel mondo, incontrando le difficoltà e le fatiche che incontrano i laici. È una cosa bella e faticosa nel contempo, ma fondamentale.

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